La villa padronale

Autore: Giulia Miragoli

La sontuosa residenza della famiglia Crespi, conosciuta con il nome di “castello”, data la sua configurazione caratteristica, è costruita tra il 1893 e il 1894. Il progetto è affidato a Ernesto Pirovano, architetto dei Crespi, responsabile anche dei lavori ornamentali. L’ingegner Pietro Brunati è invece addetto alla parte costruttiva. La realizzazione dell’edificio è completata già alla fine del 1894, esclusa la parte superiore del mastio (torre) e la rivista “Edilizia Moderna” ne riporta notizia nel numero del gennaio 1895. Il castello si presenta per la famiglia Crespi come uno status symbol: con questo edificio Silvio Crespi voleva enfatizzare il suo ruolo di moderno “feudatario” del villaggio, detentore di un grande potere.
La villa padronale, il cui stile rimanda a quello medievale del XIII secolo, sorge al limitare destro del villaggio, al confine con il fiume Adda e a poca distanza dalla fabbrica. La Chiesa di Crespi si trova sullo stesso asse della villa padronale, evidenziando così lo stretto legame tra potere spirituale e potere temporale (riferimento medievale). Se il portone della chiesa è aperto, si riesce a vedere l’altare dalla cima della torre.
Il castello, interamente in cotto rosso, copre un’area di settecento metri quadrati, ed è caratterizzato da due torri: la prima a cuspide, alta cinquanta metri, presenta una serie di belvederi nel loggiato che corona la sua parte superiore, e nei diversi piani della struttura; la seconda, minore, termina a terrazzo ed è funzionale al contenimento del serbatoio dell’acqua.  In cima alla torre più alta c’è lo stemma della famiglia, un’aquila con due “C”, riferite al fondatore del villaggio operaio, Cristoforo Crespi. Le mura terminano con una merlatura ghibellina. Il piano terra è realizzato in ceppo d’Adda, mentre la parte superiore delle pareti in laterizio a vista. Anche i contorni e le decorazioni delle finestre e dei loggiati sono in laterizio, con mattoni sagomati di diverso colore e con terracotte scolpite e smaltate. Le pietre di Saltrio, di Mapello e di Verona, che caratterizzano capitelli, basi, davanzali, spalle e gradinate, e la vasta serie di marmi a colori usati per le ottanta colonnine delle bifore e dei loggiati sono in netto contrasto cromatico con la terra cotta. La villa, esternamente, è abbellita con pitture a fresco, mosaici di Venezia e altorilievi in marmo di Carrara. I serramenti sono impreziositi con dorature, bronzi, ferri battuti e intagli.
All’interno dell’edificio ci sono quarantotto stanze e tre balconate che si affacciano sul grande atrio centrale di cento metri quadrati. Carla e Lucia Crespi, figlie di Silvio, (le “gemelline”, come le hanno sempre chiamate gli abitanti del villaggio) esprimendo i loro ricordi d’infanzia, ci permettono di entrare all’interno del castello, e raccontano:

[…]A destra dell’entrata c’era il cosiddetto “salone blu” dal colore del velluto che copriva divani e poltrone, dove troneggiava lucido e maestoso un piano a coda. Questa sala, infatti, era destinata alla musica, ai concerti e noi ragazze passavamo varie ore al giorno ad esercitarci davanti a quel piano. Continuando il giro in senso antiorario attorno all’atrio, si giungeva al “salottino bianco”, così chiamato per il colore dominante della sua tappezzeria. Poi veniva lo studio di papà con una grande libreria e la scrivania sulla quale stava il telefono che, quando eravamo bambine, esercitava su di noi, per la sua rarità, un fascino straordinario. […] Nel giardino, in un padiglione ancora oggi esistente, era custodito un telaio circolare, studiato e brevettato da nostro padre […]

Purtroppo questi racconti fotografano con le parole un’immagine del castello non più veritiera in quanto le successive trasformazioni avvenute all’indomani della partenza dei Crespi dal villaggio, ne hanno inesorabilmente modificato l’organizzazione degli spazi interni.
La villa è circondata da uno splendido parco. Il Castello non era concepito per essere la residenza abituale dei Crespi, questo destino era riservato allo splendido palazzo a Milano in via Borgonuovo 18, collegato telefonicamente sia alla fabbrica sia alla villa padronale. La prima linea telefonica a lunga distanza in Italia, di cui resta ancora traccia oggi nel prefisso da comporre per telefonare a Crespi, lo  02 milanese. La famiglia Crespi soggiornava nella villa padronale del villaggio nel periodo estivo, tra maggio/ giugno e ottobre/novembre. La presenza dei “Signori Padroni” era  vista con piacere dagli abitanti e, come ricordano Carla e Lucia Crespi:

I rapporti che avevamo con gli operai e con le loro famiglie erano estremamente affabili e cordiali e ci sentivamo unite a loro da un sentimento di reciproco affetto.

E’ proprio in questo edificio che è nato Emilio Crespi, unico tra i sette figli di Silvio, il 2 settembre 1896. A partire dal 1920 Benigno (Nino) risiede al castello per un paio d’anni insieme alla moglie Fanny Gandolfi, mentre il fratello Emilio abita insieme alla moglie Nina Boselli a Concesa, a “Villa Nina”.
Con l’abbondono del villaggio da parte dei Crespi, negli anni ‘30 il destino dell’edificio vede continue trasformazioni d’uso: nel periodo del fascismo la villa padronale del villaggio Crespi diventa sede della GIL, gioventù italiana del Littorio, durante la II Guerra Mondiale diventa una caserma, mentre negli anni ‘70 viene adibita a scuola media del comune di Capriate San Gervasio. Attualmente l’edificio è proprietà privata ma disabitato e non versa in ottimo stato conservativo.


Fonti: