La fabbrica di Crespi d'Adda

Autore: Catia De Tommaso

La fabbrica di Crespi d’Adda, il cui ingresso è ancora oggi caratterizzato  dai suoi “cancelli rossi” in ferro battuto con decorazioni floreali, si erge sul lato destro del villaggio lungo il fiume, accanto al castello della famiglia Crespi.

Essa venne edificata a partire dal 1876 ed inaugurata il 25 luglio del 1878. Assunse un ruolo chiave nel settore tessile cotoniero tanto che venne suddivisa in quattro corpi principali corrispondenti alle quattro diverse fasi produttive che qui venivano tutte eseguite garantendo la realizzazione di un prodotto finito: filatura,reparti complementari,tessitura e tintoria.

Il lavoro era distribuito in base al genere  e all’età degli operai: gli uomini erano tessitori, le donne si occupavano della lavatura delle tele ,dell’incanalatura dei filati e della cardatura del cotone, le ragazze erano filatrici del cotone o sotto filatrici, i ragazzi erano addetti alle spole. I macchinari presenti in fabbrica erano: fusi, telai, timbratrici, a questi si aggiungevano attrezzi per misurare la qualità del cotone e altre piccole macchine e impianti. Grazie a tali attrezzature alla fine di tutti i vari processi di lavorazione si ottenevano biancherie di cotone di buona qualità e atti a favorire l’arricchimento del villaggio grazie alla loro vendita.

Dal punto di vista architettonico la fabbrica presenta, in corrispondenza dell’ingresso dai cancelli rossi, destinato al solo accesso da parte dei dirigenti e dei commercianti, due palazzine affrontate, destinate ad uso ufficio. Esse costituiscono il prospetto più decorato di tutto lo stabilimento, quello di rappresentanza. Lo stile predominante scelto per i decori è detto neogotico lombardo perché fonde la tradizione gotica di derivazione medievale (bifore, monofore, archi a sesto acuto) con il largo impiego del cotto come materiale decorativo. Tale stile concilia efficienza,essenzialità e ricerca estetica.

La porzione più propriamente destinata ad ospitare le attività produttive, si compone di capannoni detti a shed (detti anche a “denti di sega”) per via della caratteristica conformazione dei tetti, finalizzata a favorire un’illuminazione uniforme all’interno degli ambienti grazie alla presenza di ampi lucernari. I capannoni si sviluppano su un unico piano con lo scopo di avere un unico motore e di distribuire,dunque,la forza prodotta in modo più efficiente ed ininterrotto .
 
La vita in fabbrica non era delle migliori,dal momento che non erano neppure presenti le giuste norme di sicurezza:essa non era ventilata e di conseguenza gli operai si ritrovarono a dover lavorare ad alte temperature ed immersi in un’atmosfera tutta annebbiata dai pulviscoli del cotone e dai vapori e le condense derivanti dalla lavorazione del cotone nell’acqua portata ad alte temperature e quindi soggetta a mutamento di stato.
 
Fino agli anni ’40 la fabbrica di Crespi si connotava per la presenza di tre ciminiere, utilizzate per disperdere il più in alto possibile i neri residui della combustione del carbone. La terza venne demolita perché colpita da un fulmine e, di conseguenza, considerata pericolosa. Ancora oggi le alte ciminiere sono simbolo che rende il profilo del villaggio inconfondibile, anche nelle giornate più nebbiose.

Nei primi periodi,la fabbrica presentava un unico reparto:quello della filatura. Esso era situato vicino al castello e si affacciava sull’Adda. La parte centrale della  facciata principale era una torretta che esiste tutt’ora ,praticamente inalterata. Tale facciata con la relativa torretta fu assunta come simbolo e marchio della “Società Benigno Crespi”. Nel  corso del tempo l’opificio Crespi subì diversi lavori di modifica con lo scopo di ingrandirlo, sia per le esigenze legate all’aumento della produzione sia per l’introduzione di altri reparti affinché venisse completato il ciclo di lavorazione.

Nel 1881 il complesso edilizio ospitava 15.000 fusi. Nel 1883 il magazzino che conteneva cotoni greggi e filati si incendiò:Cristoforo Crespi ne approfittò per costruirne uno nuovo,più isolato e sicuro. Nel 1884 lo stabilimento venne ulteriormente ampliato:i fusi di filatura a quel punto diventarono 20.000 di cui 3.000 mossi da tre turbine idrauliche e quindi più avanzati.

La crisi del 1929 colpì,però,anche il fiorente cotonificio della famiglia Crespi. Per far fronte a tali difficoltà Silvio Benigno Crespi studiò,allora,l’applicazione della seta artificiale nei loro tessuti che incrementò il rendimento della manodopera, ciò non fu tuttavia sufficiente per risanare i debiti della famiglia e nel 1930 i Crespi dovettero lasciare l’opificio e vendere l’intero villaggio alla STI (impresa italiana tessile).

A sua volta la STI cederà la fabbrica nel 1970 alla Rossari e Varzi,la quale,la passerà alla Legler, ultimo proprietario  prima della chiusura. Nel 2003 i cancelli dell’opificio Crespi vennero chiusi definitivamente. Oggi la fabbrica non è più in funzione;gli oltre 90.000 m2 dello stabilimento sono stati recentemente acquistati dal gruppo Percassi che intende trasformare la fabbrica nel quartier generale delle proprie attività.

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