La Committenza viscontea e le Vie del marmo

AUTRICI
Alice Villa, Kristina Cavaletti 
1ALC Liceo Classico Banfi, Vimercate

LA COMMITTENZA VISCONTEA E LE VIE DEL MARMO 

 I Visconti estesero i propri possedimenti nella zona del Lago Maggiore nel periodo che va dal 1277 con la battaglia di Desio e il 1287 con la conquista di Castelseprio e permisero l’estensione della Signoria su un vasto territorio in cui la Val D’Ossola rivestiva un ruolo di grande importanza per i collegamenti oltremontani.

La presenza dei Visconti nel territorio in cui si trova Candoglia consentì a Gian Galeazzo Visconti di concedere, il 24 ottobre 1387, il diritto di cavare dai terreni che circondano il Lago Maggiore il marmo e il serizzo occorrenti alla costruzione di quello che poi sarebbe divenuto il Duomo di Milano.Il trasporto del materiale sarebbe avvenuto gratuitamente e per via d’acqua.

Le cave di Candoglia apparvero però immediatamente non completamente disponibili per la realizzazione di tale progetto (per via della loro ubicazione in una ristretta zona di montagna brulla e selvaggia), pertanto si ricorse allo sfruttamento delle cave di Ornavasso.

La limitata disponibilità di marmo e le difficoltà dovute alla sua estrazione risultarono quindi note sin dall’inizio, ma il contributo di Gian Galeazzo Visconti, relativo alle spese attenuate grazie all’impiego di questo tipo di marmo meno costoso rispetto ad altri ed il trasporto gratuito, ridusse incredibilmente la complessità della situazione e rappresentò uno degli elementi fondamentali che resero possibile la costruzione del Duomo.
Se per l’utilizzo del serizzo vi era già una certa tradizione per la sua estrazione e lavorazione, questa situazione non si verificò per il marmo di Candoglia che risultò invece complesso non solo nel processo di estrazione, ma anche nella successiva lavorazione.

Per via di questi limiti, le cave furono inizialmente aperte a partire dalla zona più bassa del giacimento, affinchè l’accesso potesse risultare più agevole e potesse essere inoltre facilitato il trasporto sino ai barconi, che, una volta percorso il Ticino ed il Toce, avrebbero fatto il proprio ingresso a Milano prima sul Naviglio Grande e successivamente convergendo nel Laghetto di Santo Stefano, oggi inesistente.

Questa è forse la fase più delicata e pericolosa dell’estrazione a causa dei notevoli pesi da spostare e del percorso che i blocchi dovevano percorrere in linea scoscesa secondo la conformazione della montagna per poter raggiungere la zona di imbarco. Da ciascuna cava veniva condotta la cosiddetta “lizza”, ossia un sentiero spianato dai blocchi di marmo che venivano condotti a valle per mezzo di “curli”, tronchi che, posti al di sotto dei blocchi, ne facilitavano lo spostamento.

Una volta giunti a Milano (acirca 350m dal Duomo) i blocchi venivano scaricati dai barconi per mezzo di carrucole che li riponevano su dei carri trainati da cavalli. Raggiungevano così il cantiere.


 BIBLIOGRAFIA

Carlo Ferrari da Passano, Le sorgenti del Duomo – Le Cave di Candoglia,
Veneranda Fabbrica del Duomo di Milano 2001

 
IMMAGINI

 Fotografie prese da Internet